UNIONE ITALIANA dei CIECHI e degli IPOVEDENTI
Le tracce più significative di un lungo cammino verso l’integrazione sociale
I primi tentativi di organizzazione dei ciechi in Italia risalgono principalmente a due società di patronato fondate negli ultimi decenni del secolo scorso e intitolate a “Nicolò Tommaseo” e alla “Regina Margherita”. Grande animatore di queste fu Dante Barbi Adriani che fondò e diresse anche il primo periodico in braille e uno in stampa normale a favore della categoria.
Nel 1910 su proposta di Carlo Grimaldi, Augusto Romagnoli ed altri, si costituì la “Società pro-cultura fra gli insegnanti ciechi” che risultò essere la prima associazione di soli non vedenti.
Il 26 ottobre 1920 è nata l’Unione Italiana Ciechi quale appendice della Società degli insegnanti ed
il fondatore e primo presidente fu Aurelio Nicolodi. Questa data segna la prima tappa di un lungo cammino verso l’integrazione sociale. Con l’Unione Italiana Ciechi nacque il Corriere dei Ciechi, la Biblioteca Nazionale per i Ciechi, la Stamperia braille, l’Ente Nazionale di lavoro a Firenze, a Roma, a Napoli e tante utili iniziative.
Negli anni 30 i progressi furono lenti ed alcuni obiettivi vanificati dalla natura corporativa del regime. Tuttavia ci furono due conquiste: l’abrogazione del Nuovo Codice Civile dell’inabilitazione dei ciechi dalla nascita e l’immissione dei ciechi nella milizia antiaerea come aerofonisti.
Sul finire della guerra, Nicolodi, malvisto dal regime, fu destituito e gli successe Paolo Bentivoglio che mantenne la presidenza per circa un ventennio, fino al 1965. Fu un periodo di grande ricostruzione post-bellica e ci furono momenti molto significativi come la grande manifestazione a Roma nel 1954, la cosiddetta “marcia del dolore” che portò a una prima legge per la pensione ai ciechi civili.
Sempre negli anni 60 si conquistò anche una legislazione efficace per il diritto al lavoro in tre settori: insegnamento, massofisioterapia e centralino telefonico. Chiaramente ciò cambiò in maniera notevole le condizioni di vita dei ciechi e le loro prospettive, rappresentando una tappa ulteriore del tanto agognato inserimento sociale, ricordando soprattutto che lo Stato, con Decreto Legge 26.10.1944 n. 1047 ha riconosciuto l’Unione Italiana Ciechi unico Ente in Italia avente la tutela morale e civile dei diritti dei minorati della vista.
Successore di Bentivoglio fu Giuseppe Fucà che assunse presto il titolo di “Presidente della Battaglia”. In effetti in quegli anni si condusse una notevole battaglia per l’equivalenza sociale che non si può dire ancora conclusa ma che ha notevolmente cambiato l’immagine culturale del cieco. Fu proprio nel periodo della sua presidenza che, riconoscendo la cecità come un handicap più “difficile” degli altri, si ottenne un’indennità di accompagnamento, insieme ad altre conquiste tanto attese.
Su questa strada proseguì anche Roberto Kervin, quarto presidente dell’Unione Italiana Ciechi il quale ha aumentato il prestigio dell’Ente portandolo anche all’estero.
L’Unione Italiana Ciechi attuale, ora presieduta da Tommaso Daniele, deve lottare per difendere le conquiste finora ottenute e nel contempo muoversi faticosamente su linee nuove, adeguate alla moderna realtà sociale, anche tenendo conto che forse i giovani non sentono così vivo lo spirito associazionistico di un tempo, quello stesso spirito che ha portato l’Unione dagli 8.000 iscritti del 1947 ai circa 120.000 di oggi.
Il cammino è stato ed è sempre difficile, ma solo rispondendo adeguatamente alle nuove emergenze si arriverà ad una condizione di cecità meno incerta e complicata che nel passato.